Come prevenire gli infortuni della corsa

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Temperature miti e strade in buone condizioni invogliano a correre all’aperto.

Scarso allenamento e ripresa dopo l’inverno di bassa attività potrebbero causare infortuni. Un nuovo studio suggerisce che dobbiamo porre attenzione ai piedi, per garantirci una buona salute.

Le lesioni durante la corsa sono comuni: alcune statistiche stimano che ogni anno ben il 90 per cento dei corridori è fermato da qualche infortunio. Ma la causa di fondo di molte di queste lesioni rimane oggetto non completamente conusciuto.

Studi precedenti e opinione popolare accusavano il chilometraggio elevato, l’eccesso di peso corporeo, la falcata lunga, le scarpe da corsa, il correre a piedi nudi, fianchi deboli, la dieta, e pavimentazione grezza dei percorsi.

In un nuovo studio, pubblicato nel mese di dicembre 2015 sul British Journal of Sports Medicine, i ricercatori della Harvard Medical School e di altre università hanno esaminato le lesioni in corso, e di concentrare la loro attenzione su quelle di corridori che si allenano da molto tempo.

In particolare, si sono prefissi di esaminare il caricamento del piede all’impatto, che significa la quantità di forza è in gioco quando si ‘colpisce’ il terreno. Il pounding è, ovviamente, inevitabile durante una corsa. Ma i runner con corporatura e stili di corsa simili possono sperimentare diverse intensità di impatto di carico; non è stato finora esaminata la correlazione tra questi differenze d’impatto e le lesioni che si presentano.

I ricercatori hanno reclutato 249 esperti corridori non professionisti donne, che sono stati scelti anche perché nella quasi totalità colpiscono il terreno, durante la corsa, con il tallone. La maggior parte dei corridori attaccano con i talloni. Questa condizione è ritenuta da molti esperti provocare un impatto superiore a quello che si ha quando l’atterraggio avviene nella parte centrale o anteriore del piede, contribuendo forsa ad un aumento del rischio di infortuni. Gli scienziati hanno scelto un unico sesso anche per non dover considerare la variabile idel genere sui risultati.

I dati relativi ai volontari sono stati raccolti da un laboratorio di bio-meccanica, con attenzione alla storia di infortunio di ciascuno dei partecipanti. Per l’attività sportiva è stata utilizzata una pista dotata di monitor della forza per determinare i carichi all’impatto del piede di ciascuna runner. In seguito, gli scienziati hanno chiesto a ciascuno dei volontari di completare un diario sulle corse e di riportare analiticamente tutte le lesioni che si presentavano.

I ricercatori hanno monitorato i corridori per due anni.
Durante questo periodo, più di 100 dei corridori è stato interessato da un infortunio, anche abbastanza gravi da richiedere cure mediche. Altri 40 hanno riportato lievi ferite, mentre il resto è rimasto illeso. 21 corridori non solo non è stato interessato da ferite durante lo studio di due anni, ma non ha avuto alcun infortunio precedente. Sono rimasti ‘vergini’ da lesioni a lungo termine.

Incuriositi, gli scienziati hanno deciso di confrontare l’impatto con il terreno di questo piccolo gruppo con le caratteristiche dei corridori incorsi in gravi ferite. Pensando che questo differenze potessero indicare la correlazione tra impatto e frequenza d’infortunio.

La risposta è stata che i corridori senza infortuni gravi, come gruppo, ‘atterrano’ molto più leggermente rispetto a quelli che hanno avuto episodi di gravi infortuni. Gli scienziati hanno anche controllato il chilometraggio complessivo percorso, il peso corporeo e altre variabili fisiche degli atleti. Tale constatazione smentisce la convinzione diffusa che un corridore non può atterrare con leggerezza sui talloni.

“Uno dei corridori studiati, una donna che ha partecipato al numero maggiore di maratone tra quelle presenti, non ha mai avuto infortuni. Il suo tasso di carico sul terreno è risultato uno dei più bassi rilevati”, ha affermato Irene Davis, un dei professore di Harvard che ha condotto lo studio.

Il suo impatto sul terreno è di gran lunga più leggero dei corridori analizzati. “Vedere la sua corsa, è come osservare un insetto in movimento attraverso l’acqua. Un’emozione bellissima”, sostiene la Davis.

I dati emersi contengono un messaggio più generale, utile per chi di noi non è così esile e scattante negli atterraggi. Pensare consapevolmente a “un atterraggio morbido” riduce la frequenza di infortuni. Alcuni corridori, in particolare quelli con una lunga storia di lesioni, potrebbe sperimentare l’atterraggio più vicino al metatarso, dal momento che molti (ma non tutti) i corridori atterrano in modo più leggero quando non fanno entrare in gioco il tallone.

E’ utile considerare che, aumentando leggermente la cadenza (il numero di passi che si fanno al minuto), si tende anche a ridurre il ‘martellamento’ d’atterraggio da ogni passo. Oppure si potrebbe immaginare di correre su gusci d’uovo o, ancora più suggestivamente, scorrere su una superficie d’acqua, con grazia e senza peso attraversare lo stagno.